I CONCORSO SULLA CONVENZIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO
Dal 28 al 30 Novembre 2007 si è svolta la fase orale del primo concorso della facoltà di Giurisprudenza sulla Convenzione europea dei diritti dell'uomo. La manifestazione ha visto il Labdif impegnato sia da un punto di vista logicistico che, soprattutto da quello scientifico. Hanno partecipato alla simulazione 14 squadre. Al termine della fase orale è stata dichiarata vincitrice la squadra composta da Laura Spina e Tommaso Soave (foto 1 e 2). Il premio individuale è stato asseganto a Giulia Aresca(foto 3).Qui di seguito potete trovare alcune foto scattate durante la manifestazione. In fondo trovate il regolamento della simulazione, il caso pratico e la composizione delle squadre.Legenda foto (senso orario). Foto 1: Laura Spina; Foto 2: Tommaso Soave; Foto 3: Giulia Aresca; Foto 4: Giuria
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Svolgimento fase orale
Per ogni incontro, ciascuna squadra avrà a disposizione 30 minuti (15 minuti per ogni membro della squadra). E' facoltà della giuria porre domande durante le esposizioni.
La fase orale si svolgerà nelle seguenti date:
Mercoledì 28 Novembre - Sala 3 Dipartimento di Scienze giuridiche
ore 9.45: presentazione
(necessaria la partecipazione di tutti i componenti delle squadre che sono impegnate nella mattinata)
ore 10: primo incontro
Giuria: Dott.ssa Ludovica Poli, Dott. Roberto Chenal, Anthony Olmo, Patrick Actis Perinetto
ore 11: secondo incontro
Giuria: Dott.ssa Ludovica Poli, Dott. Roberto Chenal, Anthony Olmo, Margherita Fegatelli
ore 12.15: terzo incontro
Giuria: Dott. Alberto Oddenino, Dott. Roberto Chenal, Anthony Olmo, Margherita Fegatelli
Giovedì 29 Novembre - Sala 3 Dipartimento di Scienze giuridiche
ore 14: presentazione
(necessaria la presenza di tutti)
ore 14.15: quarto incontro
Giuria: Dott. Francesco Costamagna, Dott. Roberto Chenal, Margherita Fegatelli
ore 15.30: quinto incontro
Giuria: Dott. Francesco Costamagna, Dott. Roberto Chenal, Anthony Olmo, Patrick Actis Perinetto,
ore 16.45: sesto incontro
Giuria: Dott.ssa Anna Viterbo, Dott. Roberto Chenal, Anthony Olmo, Margherita Fegatelli
ore 18.00: settimo incontro
Giuria: Dott.ssa Anna Viterbo, Dott. Roberto Chenal, Anthony Olmo, Patrick Actis Perinetto
ore 19.30: indicazione delle squadre finaliste
Venerdì 30 Novembre - Fondazione Fulvio Croce, Via Santa Maria 1
ore 15.00 : presentazione
(necessaria la presenza di tutti i membri delle squadre)
ore 15.30: inizio finale
membri della giuria: Prof. Edoardo Greppi, Avv. Mario Napoli, Dott. Roberto Chenal, ...
ore 17.00: indicazione dei vincitori e delle persone che passeranno alla successiva selezione per i Concorsi
internazionali
La presenza di tutti i partecipanti è necessaria, pena esclusione, a partire dalle ore 19 di Giovedì e durante tutta la giornata di Venerdì.
Premi:
squadra vincitrice: abbonamento ad una rivista giuridica
primo posto individuale: borsa di studio offerta dall'Ordine degli Avvocati di Torino da utilizzare in stage/summer school/ecc... sui diritti umani
secondo posto individuale (ancora da stabilire): internship per 1/3 mesi in una ONG internazionale sui diritti umani
N.B.: gli ultimi due premi possono essere vinti anche da chi non fa parte di una squadra finalista.
Indicazioni per la redazione della memoria scritta
La memoria deve essere inderogabilmente inviata all'indirizzo [email protected] entro le ore 24.00 del giorno giovedì 22 novembre.
La memoria di ciascuna squadra deve essere inviata in un solo file in formato .doc comprensivo di una prima pagina in cui sono indicati i nomi dei membri della squadra con i riferimenti alle rispettive parti assegnate.
I nomi NON devono comparire in altre parti della memoria.
La memoria deve essere chiaramente suddivisa in due parti, ponendo le lettere a) e b) all'inizio di ciascuna singola parte della memoria.
La redazione della memoria dovrà rispondere rigorosamente ai seguenti parametri:
1. ogni componente della squadra dovrà redigire non più di 8 pagine, per un totale di 16 pagine per
ciascuna memoria.
2. le note devono essere poste a piè di pagina e non in chiusura della memoria. Devono avere carattere 10.
3. la memoria dovrà includere anche la bibliografia (dividendola a seconda della parte, a) o b), a cui si riferisce),
indicando nell'ordine i manuali o altre opere monografiche, gli articoli con l'indicazione della rivista, dell'anno e
della pagina, le sentenze della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, ed infine, eventualmente, altre fonti.
4. la bibliografia non si considera compresa nelle 16 pagine
5. il carattere della memoria deve essere: Times New Roman; num. 12; interlinea 1,5; spaziatura normale
6. I margini devono essere 2 cm in alto e in basso e 2,5 cm a destra e a sinistra.
Per ogni altro dubbio potete scrivere a [email protected].
Verrà poi fissata una data per l'inizio della prossima settimana per il ricevimento.
Il caso pratico
(PER SCARICARE IN FORMATO PDF IL CASO CLICCA QUI)
Il caso è puramente fittizio e si svolge in uno Stato immaginario.
Alle ore 11 del 25 aprile Ivanevic, cittadino appartenente ad una minoranza religiosa dello Stato di Kossezia, si trovava alla guida della sua auto. La velocità era piuttosto elevata e, anche a causa dell’elevato tasso alcolico presente nel sangue, perse il controllo dell’auto e investì due persone, madre e figlio, che stavano tornando a casa. Resosi conto dell’accaduto, venne preso dal panico e, invece, di fermarsi e soccorrere le vittime, decise di allontanarsi in tutta fretta dal luogo dell’incidente.
La polizia e l’ambulanza, allertata da altri passanti, intervennero immediatamente. Constatarono che, mentre la madre era stata solo lievemente ferita, il figlio versava in condizioni piuttosto gravi.
Nonostante la corsa in ospedale, la gravità delle ferite riportate dal figlio ne causarono il decesso poche ore dopo.
La polizia, dopo aver interrogato i testimoni presenti sul luogo dell’incidente, si mise sulle tracce di Ivanevic. Grazie alla descrizione dell’auto e al numero di targa, si riuscì facilmente a risalire al proprietario e ad arrestarlo.
Dopo un giorno di fermo, Ivanevic fu tradotto davanti al giudice al fine di convalidare il fermo e di disporre le misure cautelari. Come da regolamento, Ivanevic, prima di comparire in udienza, venne sottoposto, per ragioni di sicurezza, ad un'ispezione personale considerata standard nel carcere in cui era detenuto (perquisizione previo denudamento e successiva pratica ispettiva corporale).
Ivanevic, sottoposto a misure cautelari, venne recluso in una cella con altre quattro persone. Egli si trovò ad affrontare compagni e vicini di cella che, in un primo momento, si limitarono a indirizzargli improperi e insulti. Venne, fin da subito, isolato dagli altri detenuti. Gli insulti si indirizzarono sulla sua appartenenza ad una minoranza religiosa e sul fatto di essersi reso responsabile di aver ucciso un ragazzo di soli 10 anni. Gli agenti penitenziari cercarono di tenere sotto controllo la situazione, ma non intervennero direttamente. Ivanevic fu sottosposto a vessazioni e soprusi. Chiese più volte di essere trasferito in un’altra cella, singola, o almeno con persone della sua stessa religione. Riteneva, infatti, che tale trattamento fosse da ricondursi a motivazioni razziste. Tuttavia gli agenti non ravvisarono la necessità di spostarlo. Il carcere, d’altronde, era sovraffollato. La risposta fu, dunque, ancora negativa.
Il 28 dicembre, scoppiò una rissa nella cella di Ivanevic, che si procurò una lussazione alla spalla. Ivanevic accusò nuovamente di essere stato continuamente provocato e intimidito dai suoi compagni di cella. La direzione del carcere decise quindi di spostare di cella i detenuti, ma la situazione non cambiò.
Il 31 dicembre, durante l’ora d’aria, venne circondato da quattro detenuti, che dopo averlo apostrofato pesantemente in riferimento alle accuse di aver ucciso un bambino e alle sue credenze religiose, lo picchiarono a sangue. Ivanevic venne trovato a terra privo di sensi e gravemente ferito. Ma nessuno seppe indicare gli aggressori.
Ivanevic venne immediatamente ricoverato in ospedale, dove gli vennero diagnosticate fratture multiple, profonde ferite e un trauma cranico.
Fin da subito fu evidente che le condizioni erano piuttosto disperate. Ivanevic, nonostante continuasse a perdere molto sangue, era ancora cosciente. I medici ritennero che fosse assolutamente necessario effettuare una trasfusione di sangue, ma vennero fermati dal netto rifiuto dello stesso Ivanevic: le sue convinzioni religiose non gli permettevano di essere sottoposto alla trasfusione di sangue.
I medici erano convinti che un’ulteriore attesa potesse mettere in grave pericolo la vita stessa di Ivanevic, ma si videro costretti a rispettare la volontà del paziente, così come prescrive la legge in vigore nello Stato di Kossezia. La normativa interna, infatti, vieta qualunque tipo di trattamento sanitario in assenza del consenso del paziente.
Non appena il paziente perse i sensi, i medici decisero di mettersi in contatto con la Procura della Repubblica per capire se potessero praticare comunque la trasfusione. La Procura della Repubblica diede il proprio assenso e i medici intervennero prontamente. Tuttavia, nel frattempo, le condizioni si erano talmente aggravate che la trasfusione risultò inutile. Ivanevic morì, infatti, pochi minuti dopo.
Nel frattempo, la magistratura, su pressione anche della famiglia di Ivanevic, aprì un’inchiesta contro ignoti per l’aggressione da lui subita in carcere e, allo stesso tempo, venne avviata un’indagine interna al carcere stesso finalizzata all’accertamento di eventuali responsabilità di agenti che avrebbero avuto compiti di sorveglianza e di controllo.
L’indagine penale si arenò, non si riuscirono ad individuare i possibili aggressori; nessuno degli altri detenuti parlò, mentre gli agenti sostennero di non aver visto nulla. Le telecamere interne non erano in funzione al momento dell’aggressione. Il tutto si risolse con una richiesta di archiviazione.
I responsabili dell’indagine interna si limitarono ad interrogare gli agenti in servizio il giorno dell’aggressione, ma non venne aperto alcun procedimento disciplinare. Anche questa inchiesta non riuscì in alcun modo a far chiarezza sull’accaduto.
Parallelamente, la moglie di Ivanevic, fervente cattolica, decise di querelare i medici per non aver praticato al marito la trasfusione di sangue quando era ancora possibile salvarlo. I giudici interni stabilirono, tuttavia, che i medici non fecero altro che rispettare la volontà del paziente, come prescrive la legge e, anzi, non appena egli perse i sensi, decisero di intervenire comunque.
Essendo lo Stato di Kossezia parte del Consiglio d’Europa e firmatario della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, la moglie di Ivanevic ricorre alla Corte europea dei diritti dell’uomo in relazione a:
- le aggressioni avvenute in carcere (componente a);
- la perquisizione personale di Ivanevic in occasione della convalida del fermo e al modo con cui i medici sono intervenuti nella speranza di salvare la vita di Ivanevic (componente b)
La Corte europea respinge le questioni preliminari poste dal Governo della Kossezia e ritiene dunque il ricorso ammissibile..
Divisione delle squadre
Ricorrenti:
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Stato:
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